(GiocoNewes.it) – Scommesse e Ctd: il Gip di Firenze assolve gestore Stanleybet
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(GiocoNewes.it) – Scommesse e Ctd: il Gip di Firenze assolve gestore Stanleybet

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Secondo il giudice toscano la Gara Monti è illegittima e discriminatoria: applicata la sentenza Laezza.

Il Gip del Tribunale di Firenze ha assolto, per insussistenza del fatto, il gestore di un centro collegato alla società Stanleybet, imputato per il reato di raccolta abusiva di scommesse. E dalle motivazioni del provvedimento sembra aprirsi una vera e propria voragine nel già incerto panorama del mercato del Betting italiano. Il Bando di gara ‘Monti’ viene dichiarato discriminatorio ed illegittimo: in attesa quindi del prossimo bando – che non è ancora possibile prevedere quando verrà pubblicato – si prospetta il rischio di una non punibilità dei centri collegati ad operatori esteri non concessionari.

LE MOTIVAZIONI – Secondo quanto afferma il Giudice, il fatto che il Bando (di cui al Dl 16/2012) contenga norme che sono chiaramente in contrasto con gli articoli 49 e 56 del Tfue, fa si che lo stesso debba essere disapplicato, con la conseguenza, a cascata, che in caso di rinuncia a partecipare ad un bando chiaramente illegittimo, ciò non consente di poter applicare le sanzioni penali di cui al combinato disposto degli articoli 4 Della legge 401/89 e del’88 del Tulps.
Il Bando di Gara ‘Monti’, per perseguire il fine dichiaratamente perseguito dell’adeguamento di settore ai principi stabiliti dalla Corte di Giustizia (V. Sentenza Costa-Cifone), avrebbe dovuto porre rimedio alla esclusione della Stanleybet dalle precedenti gare Coni del 1999 e del 2006, ciò che, secondo il Giudice fiorentino, non è avvenuto.

“CLAUSOLE IRRAGIONEVOLI” – in particolare, la clausola dell’art. 25 dello schema di convenzione (obbligo di cessione a titolo non oneroso dei beni costituenti la rete infrastrutturale, per scadenza del termine finale della concessione o per effetto di provvedimento di decadenza o revoca) appare assolutamente irragionevole nel caso di scadenza ordinaria della concessione, con perdita tout court degli investimenti fatti sui beni materiali ed immateriali, non solo a favore dell’amministrazione, ma addirittura a favore di altro concessionario, che così si vedrebbe avvantaggiato da un investimento in concreto fatto da altri.
Il contrasto con i principi dettati dalla Corte di giustizia europea appaiono veramente insanabili, anche a fronte di tutti i pronunciamenti già avuti in tale settore, proprio in relazione alla materia della gestione delle scommesse e del diritto di stabilimento fin dal 2006, per poi giungere alla sentenza Costa-Cifone la quale ha affermato che le eventuali sanzioni per l’esercizio di attività organizzate di raccolta di scommesse senza autorizzazione o concessione, perché l’operatore era stato escluso da una gara, non possono essere applicate qualora la nuova gara e le nuove concessioni non abbiano effettivamente rimediato all’illegittima esclusione.
Appare evidente che tale ultimo principio, anche se a livello interpretativo, non possa e non debba applicarsi solo laddove la parte abbia chiesto la concessione e la stessa non sia stata rilasciata, ma anche quando il soggetto, pur interessato, non abbia partecipato al Bando in quanto ancora emesso in violazione dei principi europei, perché ciò comporterebbe un sacrificio economico assolutamente irragionevole e chiaramente sfavorevole ai nuovi concessionari, nonché un atteggiamento a dir poco protezionista nei confronti dei precedenti concessionari.
La Stanleybet è priva di concessione non perché esclusa, ma perché pur avendo interesse, non ha partecipato al Bando perché ritenuto “illegittimo” e non rispondente alla normativa ed ai principi comunitari.
Tra le precedenti concessioni e quelle messe a concorso nel 2012 vi è una disparità di trattamento che si atteggia come restrizione delle libertà di stabilimento e prestazione di servizi dei soggetti non ancora concessionari. L’obbligo di cessione della rete infrastrutturale, infatti, non è stato imposto ai precedenti concessionari.
La potestà amministrativa di opzione gratuita sull’intera rete infrastrutturale aziendale, determina un’evidente ingerenza patrimoniale dell’amministrazione italiana la quale praticamente si arroga una sorta diius vita e ac necis sull’intero complesso aziendale realizzabile dai nuovi concessionari nell’esercizio del proprio diritto di stabilimento. Rileva il Gip che gli aspiranti concessionari si dovrebbero esporre all’alea di dover cedere gratuitamente strutture funzionanti a futuri concorrenti (con la mediazione dell’amministrazione statale). Tale rischio per altro sarebbe “inevitabile e cieco”, perché, di fatto, risulta impossibile una calibrazione degli ammortamenti sull’esatta durata della concessione, poiché tale calibrazione sarebbe valsa soltanto a prevenire l’antieconomicità degli acquisti delle strutture aziendali.
All’operatore comunitario, per il quale l’imputata raccoglie e trasmette dati, in violazione del diritto comunitario, è stato reso di fatto impossibile conseguire, in condizioni di eguaglianza concorrenziale con le imprese già presenti nello stesso territorio nazionale e nello stesso settore di mercato, quella concessione che, sola, avrebbe abilitato il ricorrente a conseguire a sua volta la licenza dell’articolo 88 del Tulps.
LO STATO COLPEVOLE – Il concetto di impossibilità si traduce nella negazione del principio di offensività, nel senso che il nostro ordinamento non può consentire la punizione di un soggetto per la violazione di un precetto che lo Stato stesso non consente di rispettare perché la parte è nella impossibilità concreta di adempiere al comando, secondo principi di uguaglianza e trasparenza.
La scelta dell’operatore in oggetto di non partecipare alla gara bandita nel 2012 non va qualificata come libera scelta imprenditoriale bensì come il frutto obbligato di una violazione del principio di equivalenza che lo Stato italiano avrebbe dovuto osservare nel mettere a concorso un adeguato di nuove concessioni.
Poiché all’operatore comunitario è stato reso di fatto impossibile conseguire, in condizioni di eguaglianza concorrenziale, i titoli amministrativi, necessari a esercitare/stabilire l’attività di organizzazione di scommesse in conformità alla normativa vigente in Italia, non può applicarsi una sanzione penale al ricorrente, che per conto di tale operatore, ha svolto tale attività in assenza dei titoli abilitativi che sarebbe stato possibile conseguire in esito a tali procedure amministrative . Il Giudice conclude, pertanto, escludendo la rilevanza penale del fatto.
I RISCHI PER IL SISTEMA STATALE – Ecco quindi una pronuncia molto decisa e, potremmo dire, ‘pesante’ per il sistema del gioco pubblico italiano che potrebbe aprire un’autostrada agli operatori senza concessione. Sul punto, tuttavia, è più cauto il legale di Stanleybet che ha ottenuto la pronuncia, Daniela Agnello, secondo il quale “il principio espresso può essere applicato non da tutti gli operatori sprovvisti di concessione che operano sul territorio ma solo da quelle società che possono ritenersi discriminate dalle tre gare pubbliche degli ultimi anni”. Rimane comunque un principio, quello della totale illegittimità del Bando Monti, che certo non va nella direzione in cui il Legislatore auspicava di poter indirizzare il comparto del betting italiano. (Gioconews.it – Scritto da Alessio Crisantemi)
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