ROMA – Le commissioni tributarie e provinciali stanno annullando gli avvisi di accertamento sull’imposta unica inviati dall’Agenzia dei Monopoli ai titolari di centro Stanleybet, precedenti al 2011: è quanto fa sapere in una nota il bookmaker, precisando come i procedimenti per cui è stato chiesto l’annullamento sono «circa 750» e riguardano «i centri affiliati, difesi dagli avvocati Daniela Agnello e Vittoria Varzi».
Decisioni che arrivano in seguito alla recente sentenza in materia della Corte Costituzionale, con i giudici tributari che «aderiscono ormai nella loro totalità, se si tratta di cause dei CTD Stanley, alla sentenza della Consulta – si legge ancora nella nota – e annullano gli avvisi di accertamento impugnati da Stanleybet e dai centri affiliati, quando si tratta di imposta unica per annualità antecedenti al 2011». Inoltre «le Commissioni Tributarie iniziano anche a condannare l’amministrazione alla rifusione delle spese processuali».
Stanleybet cita i provvedimenti a favore ottenuti nelle Commissioni Provinciali di Roma e Bari e in quella Regionale del Lazio. «Per le annualità successive al 2011, le decisioni delle commissioni sono a volte favorevoli a Stanley, a volte favorevoli all’Amministrazione. Ma è un fatto che i giudici tributari stanno mostrando grande interesse alla prospettazione europea della materia che viene svolta dalla difesa Stanley o del CTD durante le udienze. È scontato – si legge ancora – che la questione sarà oggetto di rinvio alla Corte di Giustizia. La norma che pone a carico dei CTD l’imposta unica, infatti, nata con la legge finanziaria 2011, ammette apertamente nelle sue premesse di avere lo scopo di scoraggiare e contrastare il fenomeno dei CTD».
La finanziaria del 2011, secondo Stanleybet «ha rappresentato una ulteriore forma di discriminazione, questa volta di natura fiscale, verso la società e i suoi CTD». Stanleybet sottolinea ad esempio quanto deciso dalla Commissione Provinciale di Bologna, che ha accolto i ricorsi presentati dalla società «sulla base della seguente motivazione: “…non appare ammissibile la pretesa di imporre ad una doppia tassazione una operazione economica solo perché la stessa ha avuto (parziale) svolgimento nel territorio dello Stato, quando invece la stessa è stata oggetto di tassazione in altra paese, nel caso Malta”». I giudici di Bologna hanno inoltre ritenuto non condivisibile “l’opinione espressa dall’Amministrazione opposta secondo la quale il CTD rivestirebbe tale qualità [di soggetto passivo dell’imposta] in quanto gestore delle scommesse”, mentre “non si può non rilevare che la parte che gestisce effettivamente la scommessa, oltre ovviamente allo scommettitore, non è il CTD, ma l’operatore straniero che appare l’effettivo interessato al risultato del gioco”.
Pubblicato il 10/05/2018 alle 11:46
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