(ITALIA OGGI) GIOCHI, IMPOSTA UNICA VINCENTE.
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(ITALIA OGGI) GIOCHI, IMPOSTA UNICA VINCENTE.

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Lo Stato sta vincendo la scommessa sulla tassazione dei centri scommesse non autorizzati. L’azione di recupero delle imposte non pagate dalle agenzie estere, avviata con la Finanziaria 2011 ma solo da due anni davvero efficace, ha il duplice obiettivo di rendere più equa la competizione con i concessionari autorizzati e limitare un’attività che resiste da ormai 20 anni grazie a una serie infinita di ricorsi e sentenze (italiane ed europee) sul piano penale e amministrativo.

Lo confermano i dati dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli: l’imposta accertata nel 2015 è stata pari a 14,2 milioni di euro, in netta crescita rispetto ai 9 milioni del 2013 (+57%). In salita anche il numero degli accertamenti, passati in due anni da 517 a 640 (+23%). Il recupero delle somme non pagate procede positivamente anche grazie alle decisioni delle Commissioni tributarie provinciali e regionali: ROBERTO FANELLI, direttore centrale tributi e giochi dell’Agenzia delle Dogane, conferma che «secondo i dati 2015, 164 ricorsi di agenzie senza concessione su 215 sono stati respinti dai giudici di primo grado: oltre il 75% ha riconosciuto la legittimità dell’applicazione dell’imposta unica ai centri. La tassazione delle agenzie, oltre a essere un obbligo di legge, risponde all’esigenza di ridurre il gap competitivo tra i concessionari, sottoposti a regole stringenti e ai relativi oneri, e coloro che raccolgono scommesse in Italia senza autorizzazioni». E per il futuro, si andrà avanti usando gli strumenti previsti dalle norme: «L’imposta», aggiunge, «si applica su un imponibile forfettario coincidente con il triplo della media della raccolta effettuata nella provincia ove è ubicato l’esercizio, come risulta dai dati del totalizzatore nazionale. Ritengo che sia un criterio sufficiente per determinare l’imponibile medio riferibile a questi soggetti».

I concessionari chiedono però un intervento più deciso. Fabio Schiavolin, amministratore delegato di Snai, il più noto marchio italiano di scommesse, sottolinea che, assieme agli accertamenti fiscali e alle relative sanzioni elevate, andrebbe effettivamente verificato il pagamento delle imposte. Oppure, via allo stop immediato della raccolta: «Le statistiche sul contenzioso nei confronti dei punti non autorizzati», afferma, «dicono che la norma funziona ma occorre anche verificare che i gestori paghino effettivamente l’imposta accertata: solo così si mette fine all’attuale situazione di squilibrio competitivo. L’ Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha, negli anni, notevolmente incrementato l’offerta dei punti autorizzati, migliorando regole e palinsesti, ma sul fronte fiscale c’è ancora sperequazione tra punti autorizzati e centri esteri», conclude Schiavolin. A rafforzare l’azione dell’amministrazione anche la recentissima ordinanza della Corte di giustizia europea (causa C-141/16), che ha dichiarato «manifestatamente irricevibile» la richiesta di procedere contro l’Italia. Nel caso specifico la Commissione tributaria regionale di Milano, chiamata in causa da un gestore che aveva ricevuto un avviso di accertamento per il mancato pagamento dell’imposta unica sulle scommesse, chiedeva l’intervento dei giudici comunitari. L’ordinanza di rinvio degli atti, però, non conteneva alcuna descrizione, «neppure succinta» delle circostanze di fatto, limitandosi a «citare una normativa nazionale senza fornirne ulteriori delucidazioni». Secondo la Corte Ue, «manca l’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione richiamate nella sua questione pregiudiziale, nonché del collegamento tra tali disposizioni e la normativa nazionale applicabile al procedimento principale». La decisione di rinvio, è scritta ancora, deve inoltre indicare «i motivi precisi» che hanno indotto il giudice nazionale a interrogarsi sull’interpretazione del diritto dell’Unione e a ritenere necessaria la presentazione di una questione pregiudiziale alla Corte. La Stanleybet ha già depositato una richiesta di udienza di trattazione alla Commissione regionale lombarda nella quale discutere, integrare e riformulare il quesito pregiudiziale al tribunale europeo.

Secondo il legale del bookmaker, Daniela Agnello, l’imposta non è a carico del gestore: «L’agente non sopporta il rischio economico della scommessa e non fissa la quota, svolgendo un semplice servizio transfrontaliero. Stanleybet, dal canto suo, versa la tassa dovuta a Malta, dove ha la sede». La materia sarà nei prossimi mesi esaminata anche dalla Corte Costituzionale, alla quale la Commissione provinciale di Rieti ha chiesto i chiarire se il pagamento della tassa sulle scommesse «si riferisca anche alle ricevitorie quali soggetti d’imposta» e se sia applicabile o meno anche ai centri di raccolta delle scommesse. (Articolo a cura di Nicola Tani)

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