Un altro bando finisce di fronte alla Corte di Giustizia Europea: tutto nasce – come da copione – da un ricorso di Stanleybet, ma questa volta le scommesse non c’entrano. Sotto i riflettori c’è la gara del Lotto, e i giudici comunitari dovranno rispondere a 3 quesiti: se sia giusto affidare il servizio ad un unico soggetto, invece di mettere a gara più concessioni; se i parametri economici e organizzativi richiesti dal bando fossero troppo stringenti; e se sia legittimo imporre a un operatore (che in base a delle sentenze della stessa CGE ha subito delle discriminazioni nell’accesso al mercato) di rinunciare alla raccolta di scommesse parallela, per partecipare alla gara del Lotto. Il bookmaker anglo-maltese accoglie con toni enfatici la notizia: «Il Consiglio di Stato dubita della legittimità del reiterato modello mono-providing, della fissazione di requisiti qualificanti e di una base d’asta straordinariamente elevata e alla portata del solo concessionario uscente, tutti elementi oggettivamente restrittivi della concorrenza per l’accesso al mercato». « Nessun giudizio né in ordine alla legittimità del modello mono-providing, né in ordine ai requisiti qualificanti o all’importo della base d’asta – replica a stretti giro Piazza Mastai, secondo cui il Consiglio di Stato – ha semplicemente ritenuto che le questioni comunitarie siano suscettibili di rinvio alla Corte di Giustizia EU…».
I toni sono tanto accesi perché Stanley pensa di stravolgere le regole del gioco più antico di Italia, assimilandolo ad una scommessa: alla fine puntare sull’estrazione di un numero – sostiene – non è molto diverso dallo scommettere sulla vittoria di una squadra, o sul gol che segnerà un calciatore. E il bookmaker si spinge fino a chiedere di inserire il Lotto nel palinsesto complementare delle scommesse, per poterlo commercializzare in tutti i CTD. Uno scenario che farebbe saltare completamente l’impianto del Lotto: «costituisce un reato, una violazione delle norme fiscali sulla ritenuta alla fonte e una violazione delle norme contabili sulla resa del conto, di competenza della Corte dei Conti» commentano ancora i Monopoli. «Offrire scommesse sull’uscita dei numeri del Lotto equivale a raccogliere gioco in modo parallelo e illegale, evadendo le imposta dovute e le norme sulla rendicontazione contabile».
Il fatto è che nel panorama dei giochi, il Lotto rappresenta un’anomalia normativa. Il bando al centro del ricorso è quello che si è concluso poco più di un anno fa: nell’aprile 2016 la concessione è andata al consorzio formato da Lottomatica, Arianna 2001, Italian Gaming Holding e Novomatic, unico soggetto ad aver partecipato, e che ha messo sul piatto un’offerta di 770 milioni di euro, 70 in più della base d’asta. Ma, in realtà, il consorzio non si è aggiudicato la concessione del gioco: i titolari della raccolta sono infatti le circa 33mila ricevitorie sparse per l’Italia; e il gioco viene gestito direttamente dallo Stato, tanto che tutto quello che resta, una volta pagate le vincite e gli aggi, diventa un’entrata erariale e finisce direttamente nelle casse dello Stato. Il consorzio guidato da Lottomatica si potrebbe invece definire come un semplice partener tecnologico: allestisce e cura la rete telematica che collega le ricevitorie al sistema centrale, e assicura una serie di servizi – ad iniziare da quelli di estrazione – necessari allo svolgimento del gioco e alla raccolta. Un compito comunque ben ripagato: il concessionario incassa il 6% della raccolta, un gruzzolo che di media si aggira sui 450 milioni l’anno, contando che nel 2016 il Lotto ha attratto giocate per quasi 8,1 miliardi di euro (e negli anni precedenti raggiungeva i 6-7 miliardi).
Cifre che hanno fatto gola a Stanley; che però si è dovuta scontrare con i rigidi standard economici previsti dal bando di gara che ha giudicato penalizzanti. «il bando di gara prevedeva un prezzo elevatissimo per la concessione» spiega a La Scommessa-TS Daniela Agnello, storico legale di Stanley: «Il fabbisogno finanziario era pari ad almeno 750-800 milioni di euro che dovevano essere immediatamente disponibili, poiché il pagamento dell’intero prezzo doveva essere effettuato in tre rate, in meno di dodici mesi dall’aggiudicazione della concessione. La normativa riservava di fatto la partecipazione alla gara all’operatore uscente o ad un numero di compagnie talmente ristretto che nemmeno i maggiori operatori europei avrebbero potuto partecipare».
Il bookmaker, un anno fa – in primo grado di fronte al Tar Lazio – aveva anche depositato una corposa perizia (vedi La Scommessa-Ts n° 31 del 19 aprile 2016) per dimostrare che le compagnie in grado di partecipare da sole erano appena 3 in tutto il mondo. Il Tar tuttavia aveva rigirato la questione: se Lottomatica – concessionario uscente – aveva dovuto formare una cordata con altri operatori per accedere alla nuova gara, anche Stanley avrebbe potuto cercarsi dei partner e alleviare così il peso dei requisiti. Non è chiaro se il bookmaker anglo-maltese non abbia minimamente presi in considerazione questa ipotesi, oppure l’abbia scartata.
«Mi pare una domanda da rivolgere all’operatore» replica asciutta la Agnello, che poi ne fa una questione di principio: « StanleyBet da quasi 20 anni tenta di entrare nel mercato italiano da competitor dei grandi gruppi italiani e a condizione di parità. Abbiamo impugnato le 3 gare per l’affidamento in concessione dei giochi pubblici e le 3 gare sono state dichiarate discriminatorie nei nostri confronti. Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso sul Superenalotto proposto da Stanleybet circa 10 anni fa. Adesso, la società ha impugnato anche la gara del Lotto perché ritiene che il sistema italiano sia strutturato da norme in contrasto con con il diritto eurounitario». E poi sottolinea che – oltre ai dubbi in sé – i giudici di Palazzo Spada hanno chiesto ai colleghi comunitari di ampliare il raggio d’esame: «Il Consiglio di Stato ha sollevato le questioni di interpretazione pregiudiziale anche in relazione ai principi di non discriminazione, trasparenza, libertà di concorrenza, proporzionalità e coerenza». E ancora: «Nel caso dell’impugnazione del Bando Monti, il Consiglio di Stato ha emesso una sentenza parziale e ha sollevato dubbi interpretativi soltanto sulla clausola della cessione gratuita della rete. Nel caso del bando del Lotto, invece, Palazzo Spada non ha emesso sentenza parziale e ha ritenuto tutte le questioni rilevanti ai fini della decisione».
Ora, per il responso della Corte di Giustizia ci vorranno 2 o 3 anni: poi la questione tornerà al Consiglio di Stato che dovrà emettere la sentenza definitiva. Anche per questo, Giovanni Garrisi, Executive Chairman della compagnia di Liverpool, sembra voler sotterrare l’ascia di guerra: «Siamo in un momento molto delicato e vorrei che ci concentrassimo più sulla risoluzione degli attuali problemi dei protagonisti del perimetro legale del gioco, Staaley compresa, che sono attualmente soggetti a una snervante attesa della proroga delle attuali concessioni».
Quelle delle scommesse, stavolta.
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