(LA SCOMMESSA SPORTIVA – TS) IL BANDO MONTI REGGE ALL’ATTACCO DI BETUNIQ (ANCORA PER QUALCHE MESE)
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(LA SCOMMESSA SPORTIVA – TS) IL BANDO MONTI REGGE ALL’ATTACCO DI BETUNIQ (ANCORA PER QUALCHE MESE)

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Anche se la Corte di Giustizia Europea spezza una lancia in favore del sistema italiano, BetUniq va ai tempi supplementari nella battaglia legale contro il bando Monti. Occorrerà insomma aspettare ancora un po’ di tempo per risolvere definitivamente la questione. Una questione che potrebbe avere riflessi ben più ampi: sebbene il quesito rivolto ai giudici comunitari non abbia nulla a che vedere con l’operazione “Gambling” – che portò al sequestro del bookmaker nel luglio 2015, per presunte infiltrazioni mafiose e riciclaggio – le due vicende potrebbero comunque finire con l’intrecciarsi.

La BetUniqu sta infatti per tornare sul mercato italiano dopo che il numero uno della compagnia, Mario Gennaro, ha iniziato a collaborare con la giustizia: secondo quanto emerso nelle ultime settimane intenderebbe operare come skin di un concessionario di Stato.

Ma occorre andare con ordine: la BetUniq era stata esclusa dal bando Monti perché aveva presentato un’unica attestazione bancaria – invede delle due richieste – per dimostrare la propria solidità economica. Ha così intrapreso una battaglia legale sostenendo che la clausola fosse discriminatoria per le compagnie più giovani, e finisse per agevolare chi operava sul mercato da tempo. Secondo la BetUniq, infatti, le società neo-costituite, e meno strutturate, non avrebbero avuto ragione di appoggiarsi a più banche se non quella di partecipare al bando. I requisiti della gara tuttavia erano stati pubblicati solo pochi mesi prima: le autorità italiane, insomma, avrebbero dovuto consentire ai candidati, di ricorrere a altri strumenti per dimostrare la propria solidità economica.

La questione è arrivata alla fine di fronte alla Corte di Giustizia Europea, a sollevarla il Tribunale di Reggio Calabria – nel maggio 2015 – che stava decidendo sul sequestro di un CTD. Circa due mesi dopo scattò l’operazione “Gambling” che portò all’arresto di una quarantina di persone, e al sequestro di beni per 2 miliardi di euro, tra cui l’intera rete di CTD della BetUniq.

In sostanza, secondo gli inquirenti, il bookmaker sarebbe stato creato utilizzando dei capitali messi a disposizione dalla ‘ndrangheta e utilizzato per riciclare i proventi illeciti dei clan.

La causa di fronte alla Corte di Giustizia ha però proseguito il suo corso, e la sentenza è arrivata giovedì scorso. Per i giudici comunitari, la clausola sulla doppia referenza di per sé non discriminatoria, visto che la restrizione può essere giustificata da obiettivi di interesse pubblico. Ma la CGE ha lasciato un tassello vuoto, che dovranno mettere i giudici italiani. E la BetUniq non è l’unica a sostenere che la questione sia ancora tutta da decidere: « Adesso spetta ai giudici nazionali – dopo aver valutato tutte le circostanze del caso – stabilire se i requisiti al bando fossero proporzionati o meno, e se fossero necessari, agli obiettivi di interesse pubblico che intendevano tutelare» sottolinea ad esempio l’Egba, l’associazione europea che riunisce gli operatori di giochi e scommesse. In pratica, il giudice italiano dovrà valutare se ci fossero altri strumenti, meno restrittivi, per raggiungere lo stesso scopo. E per questo occorrerà aspettare « circa due o tre mesi», ipotizza Daniela Agnello – l’avvocato che ha assistito BetUniq in questa vicenda perché il Tribunale di Reggio Calabria riassuma la causa e si pronunci definitivamente sulla questione.

Quello che si può dire subito è che la sentenza Politanò non sembra destinata a avere gli stessi riflessi “numerici” della Laezza. Al centro della vicenda, allora, c’era la clausola – sempre contenuta nel bando Monti – che obbligava gli operatori a cedere gratuitamente ai Monopoli i beni funzionali alla raccolta, quando la concessione giungeva a termine, oppure veniva revocata o dichiarata decaduta. Una previsione contro cui si erano scagliati diversi bookmaker paralleli che in questi mesi si sono visti riconoscere le discriminazioni subite. Le pronunce dei tribunali italiani che dissequestrano i CTD o assolvono i titolare si contano infatti a decine.

Sotto questo profilo, il caso di BetUniq sembra invece a sé stante, o almeno non si hanno notizie di altri operatori che abbiano rinunciato al bando a causa della doppia referenza.

Ma al di là della sentenza in sé, resta da capire in che modo il bookmaker maltese potrebbe sfruttare un’eventuale sentenza favorevole. La BetUniq al momento intende infatti operare come skin di un operatore italiano: in pratica, quindi, si servirà della concessione di un’altra compagnia per offrire giochi e scommesse. Sebbene stia per rientrare nel mercato italiano, non molla però la presa sul bando Monti « Dimostreremo che le misure chieste dallo Stato italiano non erano proporzionali» rilancia Daniela Agnello, preparandosi all’udienza di fronte al Tribunale di Reggio Calabria.

E sebbene non si sbilanci quando le si chiede che interesse abbia la compagnia ancora in questa vicenda «La sentenza rappresenta in questo momento una pronuncia interpretativa su una questione di diritto» si limita a commentare – una sentenza favorevole suonerebbe come una mezza riabilitazione.

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