(La Scommessa TS) – Bando Monti, “L’Italia non ha violato il Diritto comunitario”
16014
post-template-default,single,single-post,postid-16014,single-format-standard,bridge-core-2.7.0,qode-page-transition-enabled,ajax_fade,page_not_loaded,,qode-child-theme-ver-1.0.0,qode-theme-ver-25.5,qode-theme-bridge,qode_header_in_grid,wpb-js-composer js-comp-ver-6.6.0,vc_responsive
 

(La Scommessa TS) – Bando Monti, “L’Italia non ha violato il Diritto comunitario”

Pubblicato il

di Gioel Rigido (La Scommessa TS)

Bando Monti, “L’Italia non ha violato il Diritto comunitario”

Lo afferma Nils Wahl, Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia Europea, nelle sue conclusioni sulla Causa Politanò che ha depositato la scorsa settimana.

Il Bando Monti del 2012 non ha violato il diritto comunitario quando ha imposto ai partecipanti di presentare due referenze bancarie per dimostrare la propria capacità economica, ma spetterà comunque ai giudici italiani «verificare se un siffatto requisito, tenuto conto del complesso delle circostanze del caso di specie, sia giustificato e proporzionato rispetto all’obiettivo prefissato».

È quanto afferma Nils Wahl, Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia Europea, nelle conclusioni sulla causa Politanò che ha depositato la settimana scorsa. Occorre subito dire che le conclusioni di Wahl non sono vincolanti, rappresentano solamente un parere autorevole che aiuterà la Corte di Giustizia a decidere la controversia: la sentenza definitiva arriverà infatti nei prossimi mesi, e i giudici saranno completamente indipendenti nella decisione. Ma a creare attesa è soprattutto il fatto che il CTD in questione era uno di quelli della rete BetUniq, il bookmaker maltese smantellato circa un anno fa con l’«Operazione Gambling», per presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta. Le due vicende non sono collegate, ma finiscono con l’intrecciarsi.

La BetUniq opera da circa un anno quando decide di partecipare alla gara del 2012. Nonostante sia appena nata, vanta una delle reti parallele più estese, forse addirittura 1.500 CTD. Al bando però viene esclusa: ha potuto presentare un’unica referenza bancaria, invece delle due previste. Il primo passo è quello di intentare ricorso al Tar Lazio che però – nel 2014 – ha difende l’operato dei Monopoli. La sentenza viene impugnata al Consiglio di Stato, a rinviare la questione alla Corte di Giustizia è però il Tribunale di Reggio Calabria discutendo del sequestro di un CTD. L’ordinanza risale al maggio 2015, un paio di mesi dopo scatterà la maxioperazione della DIA di Reggio Calabria che porterà all’arresto di una quarantina di persone – in carcere finisce in particolare Mario Gennaro, dominus del gruppo, e ritenuto vicino a diversi clan della ‘ndrangheta – e al sequestro di beni per 2 miliardi di euro.

In Italia di BetUniq oggi rimane poco o nulla, eppure il bookmaker per la causa di fronte alla CGE, si è affidato a Daniela Agnello, uno degli avvocati – se non l’avvocato – con la maggiore esperienza in materia. Insomma, sembra avere molto interesse a una sentenza che riconosca la discriminazione subita.

Discriminazione che però secondo l’avvocato generale Wahl non c’è stata: la clausola rappresenta sì una restrizione all’accesso, ma è stata applicata allo stesso modo a tutti i candidati. Nessuno quindi è stato privilegiato rispetto agli altri. Per Wahl, resta però da capire se la clausola sia proporzionata, ovvero «non ecceda quanto necessario per raggiungere lo scopo perseguito». E questo è un compito che dovranno svolgere solo i giudici italiani, gli unici che dispongono degli elementi necessari.

C’è da dire che negli ambienti comunitari, non tutti la pensano come Wahl. A inziare dalla Commissione Europea che – intervenuta nel giudizio – ha sostanzialmente sostenuto che la doppia referenza si è tradotta in una barriera per le compagnie più giovani. Per Wahl, però, il problema è soprattutto la situazione concreta della BetUniq, cui non lesina una stoccata: alla fine la doppia referenza non è «un requisito insormontabile», osserva. E quindi si chiede «se la vera causa dell’asserita impossibilità del ricorrente nel procedimento principale non risieda, in realtà, nella sua scarsa affidabilità finanziaria. Dagli atti di causa risulta infatti che l’unica referenza prodotta dall’Uniq- Group non era, in ogni caso, idonea a dimostrare la sua capacità economico-finanziaria».

Invece per Daniela Agnello la questione è un’altra: la mancanza di trasparenza della clausola: «La normativa italiana non ha fornito criteri oggettivi e noti in anticipo per la redazione delle referenze bancarie di una società necostituita, e ha attribuito un potere illimitato all’Amministrazione nella valutazione di tale referenze». Replica infatti in una nota. Secondo la Agnello, oltretutto, «esistevano altri strumenti idonei» a dimostrare la capacità economica dei candidati, invece si è optato per la doppia referenza che ha tagliato fuori i più giovani.

No Comments

Sorry, the comment form is closed at this time.