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ROMA – Preannunciare – con una diffida – l’inizio di un’azione civile non equivale a configurare la nozione di minaccia o violenza: è quanto si legge in una sentenza della Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione, che ha bocciato il ricorso presentato dalla Procura di Roma contro alcuni dirigenti di Stanleybet e confermato l’ordinanza del Tribunale del Riesame che, nell’ottobre del 2015, aveva già ritenuto non penalmente rilevanti le diffide inviate a funzionari e dipendenti dell’Agenzia dei Monopoli e delle Forze dell’Ordine. In sede di riesame, era stato quindi annullato il provvedimento del Gip di Roma, che aveva applicato nei confronti di tre top manager (Giovanni Garrisi, James Vondy e Christian Doyle) della società inglese, difesi dall’avvocato Agnello, la misura interdittiva del “divieto di esercitare imprese”. I dirigenti Stanleybet avvertivano – negli atti inviati – la volontà di avviare azioni di risarcimento verso i funzionari che non avessero disapplicato le norme nazionali per i centri del bookmaker estero: secondo la Cassazione, che ha deciso con il parere favorevole del Procuratore Generale, le diffide in questione avevano però il solo scopo “di rappresentare a tutti gli organi deputati ai controlli lo stato attuale della giurisprudenza nazionale e comunitaria”, invitando a evitare i sequestri e rimettendo la valutazione alle autorità giudiziarie. “Un’azione civile, mediante la notificazione di un atto di citazione o il deposito di un ricorso, non integra gli estremi della violenza o minaccia penalmente rilevante”, si legge ancora nella sentenza, anche in caso di eventuali “ragioni strumentali”. PG/Agipro
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